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Incontro con il Cinema Sardo

 

 

Incontro con il Cinema Sardo a Roma - di Luisa Saba


Il 17 e 18 ottobre  si sono svolti a Roma due incontri con il cinema sardo. Due giornate intense, due giovani registi sardi che ci parlano della Sardegna, di loro stessi, del mondo.  Organizzate da  Franca Farina, socia del Gremio che cura il restauro delle pellicole presso la Cineteca Nazionale e coordinate da Alessandra Peralta, che lavora alla Rai come programmista  regista.

Elette nel Consiglio direttivo del Gremio da qualche mese, con il Presidente Antonio Maria Masia hanno già avviato un programma ricco di appuntamenti, il primo dei quali, con la collaborazione della FASI, della Cineteca Sarda - Società Umanitaria e della Cineteca  Nazionale, inaugura, a partire da ottobre e per tutto il 2014, una serie di  incontri con il cinema sardo. Presso il cinema Trevi, nella prestigiosa sede della sala della Cineteca Nazionale, che si trova  a Roma accanto alla Fontana di Trevi, entrambi gli incontri si sono svolti alla presenza dei due autori delle opere presentate, Giuseppe Casu e Simone Contu. Prossimo appuntamento il 18/12 con Giovanni Columbu e la sua ultima opera “SuRe”, il film su Gesù.

Salvatore e Simone  sono due giovani simpatici e impegnati registi, nuove  figure  di operatori culturali, con l'accezione che questo termine comporta ai nostri giorni. Nella mia generazione sessantottina la passione che integrava e accompagnava spesso la scelta di una professione era la militanza politica e la testimonianza sociale, vissuta attraverso i partiti e le associazioni culturali o religiose. Dopo è arrivata la passione per il giornalismo,  la scrittura e la musica, mestieri non  centrali ma caratteristici di una generazione, dai Fois  ai Masala, ai Porcedda, ai Fresu , ai Salis e ai Saba,   che voleva dare parola o parlare in prima persona, utilizzando gli  strumenti che la società della informazione metteva a disposizione. Oggi filmare, girare con la macchina da presa, riprendere e raccontare con un obiettivo, catturare con le immagini una realtà in  forte e rapida trasformazione, sembra essere  la passione di molti giovani, una modalità  che si diffonde sempre più e che non  può essere etichettata  come semplice hobby poiché prefigura una  possibilità  concreta di fare ricerca  e sviluppo del territorio. I due registi  infatti si mettono in relazione interattiva con le storie che raccontano, descrivono i processi che portano  a fare della Giara  una  vera scuola per lo sviluppo locale, quello che porta i minatori del Sulcis a denunciare le politiche industriali errate o inesistenti, le difficoltà  che incontra  una comunità  con valori tradizionali nel comunicare ai giovani  le regole  di comportamento senza creare disorientamento o  protesta. Nel ricostruire i processi,  i registi, come   antropologi, fanno emergere le storie, non le giudicano,  lasciano  gli avvenimenti  aperti,  entrano in relazione  con i protagonisti  e li fanno parlare. La macchina è solo uno  strumento che, seppur usato sapientemente, serve a mettersi  e mettere   in relazione con gli interpreti,  quasi  mai attori professionisti;  un mezzo  per  raccogliere i bisogni della comunità  e dei paesi  ritratti,  una maniera per fare  un’informazione autentica,  per conoscere,  attraverso  testimonianze  dirette, i progetti  e le speranze di un territorio. Essendo   allo stesso tempo da una parte e dall'altra della macchina da presa, questi  registi  dimostrano un grande  senso di responsabilità per ciò che raccontano, e  i temi  di cui parlano, il lavoro , l’educazione, il rapporto tra  le generazioni, hanno un forte  valore sociale  o simbolico, come quello delle fiabe e  dei sogni.

Senza ferro di Giuseppe Casu è la testimonianza di  Antonio  che  da trenta anni  si dedica   a gestire  una scuderia/scuola per  bambini e ragazzi che vogliono correre su cavallini selvaggi.  Antonio  non e un istruttore, ma un educatore appassionato e responsabile che riesce a dare valore alla disciplina e al sacrificio che comporta l’allenamento a cavalcare , a mettere  nell’ equitazione la sfida del coraggio e della bellezza che è sempre più rara negli altri sport.

L’amore e la follia, ancora di Giuseppe,  più che la storia  dei minatori del Sulcis  Iglesiente,  è un  manifesto  sulla resistenza  indomita di una comunità che, rappresentata  da due personaggi  mitici, il vecchio cronometrista Manlio e l’insegnante Silvestro, ha lottato fino alla stremo  per non perdere il lavoro e la ragione di vita  che le miniere  hanno rappresentato.

In Manca solo il mare Cristina Agostini è co-regista e co-autrice con Giuseppe Casu del documentario che, per bocca di  alcuni abitanti, racconta la nascita e la vita del  quartiere  romano  di Tor  bella Monaca.  L’approccio  della macchina da presa  è molto  vicino a quello che si è visto  nel Sacro Gra ultimamente,  e una ventina di anni fa  nel Quartiere di Silvano Agosti.  E’ una riflessione critica sulle  aree  urbane periferiche, spesso meno   marginali  dei centri “cittadini”, poiché  chi vi abita  vive  con spirito comunitario gli spazi collettivi  e riesce a creare  relazioni di amicizia con i vicini.

Le opere  di  Simone  Contu  hanno tutte  un personaggio centrale: la terra dell’Ogliastra!  Nel documentario che illustra “la strada di S.Giorgio - su mori", l'Ogliastra e i suoi paesi  più  affascinanti sono  rivisitati   con il percorso  che un giovanissimo vescovo cagliaritano di nome Giorgio aveva fatto nell'anno 1000 con l'intento di far conoscere il Vangelo a pastori e comunità isolate nelle inaccessibili zone barbaricine .  Con  Treulababbu,  Contu ci fa viaggiare in una Ogliastra magica, piena di ombre spaventose, di tacchi e di toneri che si stagliano contro la luna per ospitare spaventose anime morte o teneri capretti , asini pazienti e genitori distratti o concentrati sulla propria visione del mondo che quasi mai è quella dei bambini. Loro, i bambini, belli quanto e più del paesaggio che li circonda, continuano a sognare perchè solo il sogno permette  loro di restare bambini e non soccombere alle regole dei grandi

Tuttavia Il lavoro di Contu va oltre  il confronto / conflitto tra bambini e adulti, per affrontare, come ha suggerito  lo stesso regista nel  dibattito che ha seguito la proiezione, il tema del valore culturale  della  fiaba. Essa   permette ad una  comunità  di rappresentare  il  mondo  trascendentale collettivo, di superare  l’immediatezza  delle vicende quotidiane, ma soprattutto  di  superare il rischio di dissoluzione e vincere la paura della morte .  Il ricorso all’onirico-magico,la ricchezza di riferimenti , la mescolanza di stili, la ripresa dell’orror fantasy del  racconto gotico,  la forza delle immagini rafforzano l’idea del regista   sul potere   della fiaba nel salvare i nostri ricordi e nel  conservare la nostra identità  culturale .

Simone Contu  ha promosso un’associazione, Moviementu, che si propone di diffondere la cultura filmica nell'isola, come strumento privilegiato per far conoscere la storia dei sardi, la loro ricchezza linguistica, le originali espressioni artistiche , le potenzialità  ambientali e turistiche. L’augurio, che anche il presidente del  Gremio, Masia,  fa proprio, è che le Istituzioni  facciano la loro parte, dando  quelle risorse necessarie  affinché    i giovani possano  portare avanti le loro produzioni e insieme ad esse possa crescere una  rappresentazione della Sardegna  autentica, non  a misura di depliants  turistici o di  spot elettorali, ma di una  terra che  cerca  nella sua cultura  la forza per  progettare il futuro.

 

Luisa Saba, Roma   19 ottobre 2013

 

 


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