Il Gremio dei Sardi
Alice's Wonderland
"Alice's Wonderland"
opera per voci bianche e ensemble orchestrale di Gianluca Erriu
Roma -sabato 1° settembre 2012 - ore 21.00
presso il Teatro dei Comici, Palazzo Santa Chiara, Piazza di Santa Chiara 14
"Alice's Wonderland", in 1° assoluta a Carloforte il 4 agosto, e in replica a Roma il 1°settembre, è un'opera liberamente tratta da un racconto di Lewis Carroll.
Ha per protagonisti i numerosi personaggi della storia, interpretati dagli allievi dell'International Opera Academy, sede di Iglesias, dell'Ente Concerti Città di Iglesias, 9 voci bianche che impersonano gli aspetti più comuni, paradossali, fantasiosi della vita.
Nella replica romana il pianoforte di Gianluca Erriu sarà accompagnato dal sax di Gabriele Buonasorte e dall'arpa di Anna-Livia Walker, in un susseguirsi fantasioso tra personaggi in scena, musica, video.
Le canzoni sono state create appositamente per le potenzialità vocali delle giovani voci, e le caratteristiche musicali valorizzano gli aspetti concettuali dell'opera.
"Alices' Wonderland" è una delle poche opere di genere fantastico per voci bianche, una rarità nel panorama italiano e sardo. I testi in italiano e in inglese, la musica, l'orchestrazione, la sceneggiatura originale sono firmati dal M° Gianluca Erriu.
Nel 1928 il manoscritto della prima versione di "Alice nel Paese delle Meraviglie" viene venduto all'asta. Da questo fatto storico realmente accaduto comincia l'opera di Erriu che vede Alice rivivere un'ultima volta con gli occhi da bambina il suo "posto delle fragole".
Alice ha coscienza della natura fiabesca di Wonderland, e sviluppa la propria identità differenziandosi progressivamente dalla protagonista del racconto. Le due Alice dapprima occupano lo stesso spazio scenico per poi separarsi dal mondo fantastico.
La sceneggiatura suggerisce diverse chiavi di lettura: l'acquisizione di una nuova coscienza di sé e di poter incidere sulla realtà, le incognite dell'età adulta, l'elaborazione del senso di perdita, i paradossi e l'illogico che permeano la vita reale così come l'immaginario.
La domanda "Who are you?" ("Chi sei tu?") assume un ruolo importante nel filo conduttore fantastico e nella continua ricerca della propria identità. Alice gradatamente si distacca dal "suo" Wonderland, assume una vera consapevolezza di sè e, da protagonista, diventa semplice spettatrice del racconto. Alla fine, anche i personaggi riconoscono il proprio ruolo e la lasciano andare con un silenzioso "noi ci saremo per sempre, ma ora è tempo di svegliarsi".
Geniale la co-presenza in scena di Alice della favola e di Alice Liddell a cui l'autore Lewis Carroll offrì in dono il prezioso manoscritto.
Il pensiero razionale si alterna al pensiero magico, in un linguaggio comunicativo semplice e di immediata comprensione, con un incedere a volte lento, a volte aggressivo, del tempo fantastico.
Attraverso i nonsense e i paradossi Alice scopre la possibilità di scegliere cosa diventare una volta adulta, esplorando le idee e i concetti del viaggio, del sogno, del demiurgo, del sé, dell'educazione, ed in particolar modo la grande rivelazione di un'età, l'infanzia, quale percorso attivo di scoperta, di apprendimento, e quindi di "passaggio dalla condizione di bambino a quella di adulto".
Domande/problema che affiorano, senza soluzione di continuità e di presunzione di risposte rendono lo spettacolo una profonda ricerca del sé, in contrasto con la leggerezza dei canti e dei recitati, accompagnati da armonie complesse, da liriche ricercate e interazione tra emozioni strumentali e sceniche.
Nel racconto paradossale del regista e compositore il nonsense inglese di Lewis Carroll si esprime con giochi di parole e indovinelli e doppi sensi, di cui Alice non comprende il significato. Personaggi come il Cappellaio Matto o il Dodo (l'uccello estinto) esprimono concettti con premesse senza senso, e quindi non supportati da logica. Anche la presenza del Gatto del Cheshire persiste anche quando tutto sparisce, con i suoi sinuosi movimenti e ammalianti miagolii che salutano e attraggono Alice in un mondo che capisce non essere più parte della sua realtà.
"Se non c'è significato, sapete, ci risparmia un sacco di fatica, così non dobbiamo trovarne uno", "Prima eseguiamo la sentenza, il verdetto verrà dopo!". Le frasi dal Re e dalla Regina risultano esercizi mentali che fanno riflettere, richiamando l'attenzione verso realtà costruite su paradossi, ma alle quali l'adulto sembra legato nel suo vivere quotidiano. Occasioni per riflettere, dunque, su quando l'uomo sia avvinghiato a retaggi, a culture, a certezze senza la capacità di individuarne il nonsenso, il paradosso.
Attraverso la favola, il compositore mette in luce l'incapacità dell'uomo di sottrarsi al proprio destino, di operare scelte, di percepire l'inganno e di adeguarsi, sempre e comunque, ad una realtà che non è reale, come quando Alice dice ai due Tweedle: "Non siete neanche parte di questa storia!", la stessa Alice viene scossa dalla risposta dei due: "Ma neanche tu, mia cara!", come una improvvisa rivelazione in grado di farle comprendere che si era lasciata andare al sogno, le sabbie melmose della fantasia l'avevano sottratta alla sua realtà, immergendola in un limbo immaginario.
"Sappiamo di avere a che fare con l'irreale, con l'illogico, con il paradosso ma, nonostante questa certezza, a volte portiamo avanti la nostra vita costruita su premesse surreali", sembra questo il filo conduttore enfatizzato dal regista, in un rincorrersi tra gioco infantile e sfumature di realtà che ognuno di noi ha costruito per sé, e che stridono, a volte con toni di acceso scontro, con l'interpretazione degli altri.
La struttura onirica dell'opera viaggia tra i sogni, in un magma di ridotta razionalità e coscienza, un intreccio tra ricordo della vita reale e accettazione del fantastico.
In un susseguirsi di strani incontri con i numerosi personaggi, le due Alice interagiscono tra loro, con sorpresa, con gaiezza e incredulità, si incontrano, dapprima una di fronte all'altra, come in uno specchio, poi, nell'epilogo dell'avventura, si commiatano con un lieve inchino, un omaggio a sé stesse e al pubblico.
Ulisse es’toccheddande
( a cura del Gremio dei Sardi e della Nur )
Voglio iniziare il mio odierno, piccolo ma intenso viaggio con questa bella persona, con questo splendido poeta, che è Pietro Sotgia, ricordando i versi che il sommo poeta Dante Alighieri attribuisce, nella Divina Commedia, al suo grande e mitico navigatore di esperienza e conoscenza, al suo Ulisse. Il re-eroe d’Itaca, dopo il suo rientro a casa intraprende un ulteriore viaggio alla scoperta di orizzonti occidentali e, lasciato il dolce figlio, il vecchio padre e l’amata Penelope, si rivolge ai nuovi compagni di viaggio, al fine di incoraggiarli e seguirlo nella impossibile sfida verso il mare sconosciuto, oltre le Colonne d’Ercole, dopo aver superato le coste del Marocco e l’Isola dei Sardi, con queste famose parole: “considerate la vostra semenza/fatti non foste a viver come bruti/ma per seguir virtute e conoscenza” Anche il nostro poeta di Dorgali, con il suo Ulisse, ci chiama a un nuovo viaggio ed al riscatto, bussando alla porta del nostro cuore, dei nostri pensieri, perché ci si apra alla conoscenza, al prossimo, alle cose e alle persone, le più lontane e diverse da noi. Ulisse es toccheddande, Ulisse sta bussando…ecco il verso che dà inizio alla sua Antologia, fortemente voluta e curata dai suoi due giovani amici dorgalesi, estimatori ed innamorati da sempre della sua poesia, Tonino Fancello e Felì Secci, la moglie di Tonino scomparsa, ancora giovane, nel 2002, ma non prima di aver scritto la bellissima e coinvolgente prefazione che “ri-suona”, ora, come un regalo del cielo. Bastano questi versi iniziali per cogliere una prima chiave di lettura e per entrare nel mondo e nei pensieri di Pietro, per assaporarne l’emozione, la forza e la tenerezza. Pietro è emozione, è forza, è tenerezza. Un poeta di grande spessore, capace veramente di commuoverci per aprirci verso sentimenti di solidarietà, di tolleranza, di rispetto e di amore. Lui ci ricorda continuamente il monito dantesco per la conoscenza. Posso, con questo ardito riferimento, correre il rischio di essere considerato eccessivamente benevolo nei confronti di questo Poeta, che stimo fortemente da tempo, ma non essendo un critico letterario, ma solo un appassionato e innamorato della poesia, è un rischio che voglio correre e per il quale sarò certamente perdonato. Nella poesia di PIETRO SOTGIA ho trovato, e sono certo anche Voi troverete, quei sentimenti normali, semplici ed umani ai quali spesso ci richiamiamo e che vorremmo ci accompagnassero sempre: l’amicizia sincera, l’affetto, la pace e l’amore verso il prossimo, il rispetto per la natura anche per le più piccole ed umili cose, il fiore, i colori, il filo d’erba, gli animali, l’acqua, il sole la luna, il vento. C’è in lui un amore francescano per la Terra e per tutto ciò che sulla terra esiste che ci emoziona e ci rafforza. In sintesi la cifra poetica di Pietro Lui ci propone, continuamente e delicatamente, con tenerezza, i veri valori della vita, senza far ricorso a concetti troppo complicati, e ce li propone con versi preziosi e distillati da una antica saggezza, in sardo ed in italiano, indifferentemente. E sono versi che vanni diritti al cuore, che ci interpellano, che ci interrogano, chi nos toccheddana su coro. Versi a volte amari, perchè descrivono la sofferenza il dolore, le fatiche dell’esistenza, del quotidiano, versi a volte dolci come una carezza, come una brezza a beranu .
(Antonio Maria Masia )
Ulisse es’toccheddande... In sos campos predosos caddos han curtu un’istoria ligà e frottas de massajos chene pane han sighiu chimeras in s’aèra. In millennios de mùtria han fattu estas a deos istranzos precadorande in limbazzu ‘e teracos, trazzande una miseria ‘e vida, e-i sa dignidade ‘e s’anima catticà da-e millennios d’oscuridade. Ma cale notte de’ durare eterna? E cal’ispada dè truncare sa oche chi oje s’es pesand’in sos desertos surcaos solu da-e arador de ocu? Custa terra ded’istender in su mare sor brazzos de una mamma chen’edade, naschinde a un chelu non connottu; sor frores appassios, in tumbas chene lumene, han a mandare ischintiddas de ocu: Ulisse es’ toccheddande… e chere’ponne pè in custa terra. E… po sa prima orta had’a tremmere Antinoo a su tessinzu d’una tela noa.
Vincenzo Loi - Antonio maria Masia - Pietro Sotgia - Tonino Fancello - Gemma Azuni
Antonio Maria Masia - Ilaria Onorato
Iniziativa
Iniziativa di grande generosità e di elevato spessore morale alla quale anche noi, come Associazione dei Sardi di Roma “il Gremio”, siamo stati chiamati, e ne siamo onorati, a dare il nostro contributo di partecipazione e solidarietà.
Antonio Maria Masia – Presidente il Gremio dei Sardi di Roma
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